Quasi sicuramente la scoperta dei processi fermentativi è stata una casualità e senza volontà di produrre un alimento diverso: si suppone che semplicemente ci fossero le condizioni ideali per lo sviluppo della fermentazione e che l’essere umano abbia scoperto, non inventato, questi processi. Successivamente le prime popolazioni hanno iniziato a capire come poter riprodurre questi alimenti, così da farli diventare parte integrante dell’alimentazione, soprattutto grazie alla loro lunga conservazione e alle loro caratteristiche organolettiche...
Quasi sicuramente la scoperta dei processi fermentativi è stata una casualità e senza volontà di produrre un alimento diverso: si suppone che semplicemente ci fossero le condizioni ideali per lo sviluppo della fermentazione e che l’essere umano abbia scoperto, non inventato, questi processi. Successivamente le prime popolazioni hanno iniziato a capire come poter riprodurre questi alimenti, così da farli diventare parte integrante dell’alimentazione, soprattutto grazie alla loro lunga conservazione e alle loro caratteristiche organolettiche...
Subito dopo l’essiccazione, la fermentazione è uno dei processi tecnologici più usati e più antichi sfruttati nella conservazione degli alimenti: la fermentazione consiste nella trasformazione di materie prime in alimenti dal valore aggiunto in consistenza, sapore, conservabilità, maggiore digeribilità e allontanamento delle sostanze indesiderate sfruttando l’attività dei microrganismi e dei loro enzimi sui vari substrati.
La conservazione del cibo è stata una parte fondamentale della nostra evoluzione ed ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere in momenti difficili, come condizioni climatiche estreme, carestie e scarsi raccolti.
Interessante anche puntualizzare come i processi fermentativi, quando vanno a buon fine, consentono lo sviluppo di un ambiente stabile e sicuro così gli alimenti fermentati risultano più sicuri rispetto agli alimenti di partenza, in quanto molto più stabili chimicamente e meno soggetti al deperimento microbico. Piccolo spoiler della puntata sui crauti: il cavolo cappuccio, già ricco in partenza di vitamina C, ne viene ulteriormente arricchito durante la fermentazione e risulta più stabile al deperimento rispetto all’alimento fresco. Per questi motivi i crauti furono ampiamente consumati durante le esplorazioni dal diciottesimo secolo, riuscendo in un colpo solo a sfamare l’equipaggio e a proteggerlo dallo scorbuto.
Nella tabella seguente si possono visualizzare i punti rappresentativi della storia della fermentazione.
Dato che le prove scritte risalenti a quelle epoche sono inesistenti, la maggior parte delle date usate per definire la storia cronologica degli alimenti fermentati è frutto di studi biochimici. In particolare sono stati studiati i residui ancora presenti nei vasi di terracotta ritrovati nel Vicino Oriente e in Cina: grazie alla porosità del materiale, ogni sostanza organica viene adsorbita e intrappolata all’interno dei pori, e, una volta disidratate, queste sostanze sono protette dalla decomposizione microbica o chimica. Per stabilire l’età dei vasi, quindi delle sostanze organiche presenti al loro interno, sono state usate varie procedure analitiche come la datazione al carbonio, gascromatografia-spettroscopia
di massa, spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier. Le analisi hanno rivelato la presenza di diversi marker, in particolare acido tartarico, presente in alte concentrazioni nell’uva e normalmente presente anche nel vino, ma è assente altrove: sulla base di questi studi sembrerebbe che il vino sia stato prodotto nelle regioni del Vicino Oriente (l’attuale Turchia, Egitto e Iran) già dal Neolitico, cioè 8500-4000
A.C. . Altre analisi archeologiche molecolari hanno rivelato la presenza di acido siringico nei vasi di ceramica egiziani: questo marker è un derivato dalla malvidina, un pigmento che si trova nei vini rossi, e questi vasi, alcuni ritrovati nella tomba del Re Tutankhamon, erano etichettati come vasi da vino e indicavano persino l’anno, la fonte e vignaiolo.
Pare che le prime tracce di fermentazione siano comparse nel subcontinente Indiano, ipotesi nata sulle testimonianze scritte dei libri sacri dei Veda: i primi fenomeni fermentativi probabilmente sono stati osservati nel latte vaccino, il quale, lasciato alle temperature ambientali indiane, è andato incontro a fermentazione ad opera dei microrganismi naturalmente presenti nel latte crudo oltre che nell’ambiente circostante. Ovviamente anche altre popolazioni erano solite mungere le femmine di diversi animali, infatti si trovano testimonianze di altri latti fermentati, fra cui il Dahi dell’India, Laban zeer/khad dell’Egitto, Leben dell’Iraq, Kumys o kumiss dell’Europa Centrale, sicuramente risalenti anche a migliaia di anni prima dell’anno zero. Ci sono anche kefir e yogurt, i latti fermentati più famosi dei giorni nostri, le cui testimonianze scritte si collocano più “recentemente”, cioè nelle prime centinaia di anni dopo l’anno zero.
Poco dopo i latti fermentati sono comparsi i formaggi, probabilmente lasciando riposare il latte in stomaci di animali ricchi di enzimi e batteri; le prime testimonianze scritte risalgono ai tempi degli Egizi nel 3200 A.C., poi dei Greci nel 1550 A.C. e dei Romani nel 750 A.C., anche se si suppone che ci furono altre popolazioni dedite alla mungitura e trattamento del latte, ad esempio i Sumeri e altre popolazioni della Mezzaluna Fertile.
Il commercio di formaggio prese vita durante il dominio dell’imperatore romano Diocleziano, continuando a svilupparsi nel corso dei secoli. Nel XIV secolo, la Svizzera era la maggiore produttrice di formaggio anche se era vietata l’esportazione; nel frattempo stava fiorendo l’industria casearia olandese nella regione del Gouda, con la produzione e commercializzazione dell’omonimo formaggio. Dal 1500 iniziò
l’espansione della produzione di formaggi anche in Inghilterra, Francia, Germania e Olanda, che sono diventate, insieme all’Italia e alla Svizzera, i sei paesi maggiormente influenti e produttivi nell’industria casearia, tanto che ancora oggi la maggior parte delle varietà di formaggio consumate provengono da questi paesi. I metodi di lavorazione del latte furono tramandati oralmente tramite il passaparola o con l’insegnamento pratico, ma l’arte della caseificazione è stata mantenuta viva dai monasteri in Europa, che, grazie al loro interscambi di informazioni, hanno diffuso la conoscenza di questi metodi.
Fonti:
– Robert W. Hutkins (2006) Microbiology and Fermentation of Fermented Foods
– Farnworth E. R., (2008) Handbook of Fermented Functional Foods
Dott.sa Cristina Mondello - Biologa Nutrizionista