Amore miso

Amore Miso
Oggi scriverò del mio orgoglio: il MISO. Per chi non lo conoscesse è un fermentato dell’estremo oriente a base di cereali e legumi, nello specifico riso e soia, coltivazioni tipiche delle zone, con l’aggiunta del fungo Aspergillus oryzae (usato per molti fermentati cinesi e giapponesi come la salsa di soia).
Io sono diventata amante del miso col passare degli anni: più invecchio più assumo miso. Lo uso soprattutto per insaporire le zuppe, base sempre presente del mio brodo, e da poco anche della mia insalata.
Considerando la sua versatilità, i suoi benefici, il suo magnifico sapore, ho deciso di provare ad autoprodurlo, così da evitare la pastorizzazione e quindi assumerlo con tutti i suoi microrganismi benefici. Ovviamente anche il costo è stato un fattore determinante: con circa 20€ (comprensivi di starter e spese di spedizione) ho prodotto circa 4kg di miso. Considerando poi che le spese di spedizione erano comunitarie, che con la bustina di starter ho prodotto altri 2kg circa di miso e che ho riprodotto l’Aspergillus…beh, i costi scendono ancora. E, starter a parte, ho comprato tutto da piccoli produttori.
Il mio viaggio parte, di nuovo, dall’acquisto del libro The Art of Fermentation, che chiamare bibbia non sarebbe corretto, perché non è un testo religioso, non bisogna credere ai fermentati, ma non è nemmeno un testo scientifico perché la fermentazione non è una scienza esatta: il sapore, i tempi, la consistenza variano in base agli ingredienti di partenza, all’ambiente, al metodo utilizzato. Oltre al fatto che quel libro non è un libro di ricette ma di spunti e nozioni frutto di un’esperienza durata una vita (anche se direi ‘più vite’, visto che raccoglie le esperienze anche di amici e conoscenti dell’autore). Per cui, da brava, mi sono adattata anche io e ho sperimentato, ovviamente dopo una prima parte di studio intensivo.
Ho sfruttato anche i preziosissimi consigli di Marco, unendoli alle indicazioni pervenute tramite l’acquisto dello starter e alla visione di video su youtube come questo. Insomma, è stato un mix di conoscenze, ricerche e poi un po’ di fortuna.
Mi sono procurata quindi gli ingredienti: il riso integrale piemontese (1kg), i ceci umbri (1kg), il sale integrale sardo (400g), lo starter (10g) [no, questo non dell’italico paese ma direttamente dagli USA].
Come utensili ho utilizzato ciotole e ciotoloni di ampie dimensioni, pentola a pressione, cestello per la cottura a vapore, pestello di marmo del mortaio, telo di cotone a trama larga, essiccatore, barattoli di plastica adatti agli alimenti.
Venerdì mattina: ho sciacquato e messo in ammollo il cereale per una giornata.
Venerdì sera: ho messo il cestello per la cottura a vapore dentro la pentola a pressione già riempita con due dita d’acqua. Ho coperto il cestello con il telo di cotone e ci ho versato il cereale scolato cercando di creare uno strato abbastanza uniforme, ho chiuso il telo ed ho avviato la cottura. Non saprei indicare i tempi, dipende dal tipo di cereale utilizzato: è importante la consistenza, deve essere cotto ma non sfatto.
Criticità numero 1: non avevo dimestichezza né col cereale (non era quello che compravo di solito) né con la consistenza finale né col tipo di cottura. Il risultato è che ho cotto poco il cereale che è risultato troppo al dente e troppo duro. Non ha compromesso del tutto il risultato finale anche se la pasta ne risulta poco omogenea.
Una volta cotto, ho trasferito il cereale in una ciotola in modo da farlo raffreddare fino ai 45-50°C (controllato con un termometro per alimenti); a questo punto ci ho spolverato sopra lo starter (10g per ogni kg di cereale) e ho mescolato per bene. Ho messo il tutto in un telo e posto in essiccatore per 48 ore a 30°C, controllando dopo 12 ore e poi ogni 6 ore per verificare la crescita del fungo.
Criticità numero 2: un telo solo non è sufficiente per mantenere il calore e l’umidità necessari al corretto sviluppo della muffa. Io spesso ho dovuto inumidire il telo per evitare l’essiccazione completa.
Cereale troppo al dente + pochi teli = sviluppo non uniforme dell’Aspergillus.
Nell’esperimento successivo ho infagottato il mio cereale (stavolta cotto bene) in 3-4 teli ed ho impostato l’essiccatore sul programma silenzioso, così da non far circolare troppa aria e quindi far seccare il tutto.
A questo punto va messo in ammollo il legume. Dipende dal tipo di legume che volete usare.
Sabato sera: mettere a mollo i ceci o la soia gialla.
Domenica mattina: mettere a mollo le lenticchie.
In ogni caso basta affidarsi ai normali tempi di ammollo di un legume.
Domenica sera: ho cotto il legume che avevo scelto, ovviamente i tempi cambiano in base al tipo, lasciandolo senza sale, che verrà aggiunto successivamente. Una volta cotto l’ho scolato, tenendo da parte l’acqua di cottura, e ho trasferito tutto in una ciotola. Intanto ho pesato il sale e l’ho coperto a filo con l’acqua di cottura dei legumi, ho mescolato (tanto NON si scioglierà) e ho unito ai bollentissimi legumi. Ho iniziato a spappolare e amalgamare tutto con un cucchiaio, poi sono passata al pestello di marmo, poi alle mani. Una volta ottenuta una pappa omogenea con la temperatura almeno al di sotto del 45-50°C ho unito il profumatissimo koji, ovvero il riso muffoso all’Aspergillus: ho sgranato bene il riso e l’ho mescolato accuratamente ai legumi salati. Ho impastato bene, ottenendo un composto modellabile ma non appiccicoso: non bisogna aggiungere troppa acqua, quella che copre il sale è sufficiente, in caso aggiungere un cucchiaio alla volta impastando bene.
Criticità numero 3: lasciare da parte almeno mezza tazza di koji per le future produzioni! Dopo aver finito la preparazione del miso l’ho steso bene su un vassoio dell’essiccatore e l’ho essiccato completamente. Io l’ho macinato nel macinacaffè perché occupa meno spazio in dispensa e sono più comoda nel dosarlo, ma l’importante è che sia secco, non la forma che ha.
Ho formato delle palle col mio composto omogeneo, più o meno delle stesse dimensioni, e, una alla volta, le ho lanciate dentro al mio contenitore; io ho usato un contenitore per alimenti molto grande, in alternativa va bene una pentola smaltata, l’importante è che sia opaco e che non passi la luce.
Una volta lanciata la palla l’ho appiattita molto bene con le mani all’interno del contenitore, così da evitare di lasciare spazi vuoti (quindi aria dove potrebbe crearsi la muffa) [per capire meglio consiglio la visione del video citato e linkato a inizio articolo].
Finite la palle ho pressato bene la superficie, ho messo la pellicola a contatto ed uno strato di sale. Ho chiuso il contenitore, messo sopra un’etichetta con gli ingredienti e la data e dimenticato tutto in cantina (circa 12°C).
Criticità numero 4: si formerà la muffa in superficie. Questo è un dato di fatto, l’ho letto su tutti i libri e chi l’ha prodotto mi ha detto che è normale. Sarà sufficiente asportare lo strato superficiale fino ad arrivare allo strato di miso sano (si noterà la differenza).
Ad oggi ho prodotto un miso riso integrale + ceci, che ha 5 mesi, ed uno orzo e lenticchie di 3 mesi e mezzo. Ovviamente hanno colori e sapori diversi, sono entrambi salatissimi, hanno prodotto muffe in superficie e, nonostante la mia meticolosità nella fase di impasto e di amalgama degli ingredienti, sono rimasti molto molto grossolani, si notano distintamente cereali e legumi. Hanno comunque un profumo ottimo e presto verranno utilizzati nelle zuppe.
Qui alcune foto:
(koji profumatissimo in evidente stato di sporulazione dell’Aspergillus, lo si capisce dal colore giallognolo. In questo caso ho preparato solo il koji per essiccarlo per altre preparazioni)
(particolare della muffa)
(il koji è un mattoncino compatto e friabile di cereali ammuffiti 😀)
(koji essiccato)
(miso invasettato pronto per essere regalato)
(miso grossolano ma profumatissimo)
Presto ricette su come sfruttare miso e koji.
Dott.sa Cristina Mondello - Biologa Nutrizionista