Miglio fermentato – esperimenti

Miglio Fermentato
Il giorno in cui ho acquistato il bulgur per il mio primo esperimento di kechek ho voluto procurarmi anche del miglio. Volevo provare ad ottenere, con lo stesso metodo, un kechek di miglio. Beh non tutto va come immaginiamo, anzi, di solito poche cose seguono la programmazione mentale.
Ho messo in ammollo il miglio con il sale, anche in questo caso acqua che copre il cereale per due dita e sale a gusto. Ecco, il miglio non rigonfia bene come il bulgur, ma pensavo che sarebbe stata solo questione di tempo, ma il bulgur è germogliato e precotto, il miglio no. Dopo 3 settimane di materne cure, il miglio mi si è presentato esattamente come quando l’avevo messo: duro e farinoso. 0
Ho provato quindi a frullarlo, aggiungendo un goccino d’acqua di fermentazione per aiutare il frullatore, ottenendo un pappone granuloso impossibile da modellare (anche se tanto il gusto non era ai massimi storici). A questo punto l’ho scolato e strizzato bene come il bulgur, ed il risultato è stato questo...
(granulosità)
Assaggiandolo si potevano percepire immediatamente le note dovute alla fermentazione, che però lasciavano spazio alla granulosità e al sapore un po’ amarognolo caratteristico del cereale. Ho optato per metterlo di nuovo in ammollo con acqua, sale e kombucha fino a creare una pastella. L’idea era quella di dimenticarmelo nel frigo fino a quando non avrei avuto un’idea, una buona idea, per farlo fuori.
Secondo consiglio di Isabella ho optato per l’ogi, una sorta di polenta preparata con miglio macinato grossolanamente e lasciato fermentare per qualche giorno. Sarebbe stata una buona idea visto che il mio miglio aveva intrapreso una lunga lunghissima fermentazione? Avevo paura rimanesse troppo acido, ma non avevo altre idee per farlo fuori. L’ho provato in un paio di varianti, ed in effetti, pur non essendo amante della polenta, l’ho trovato gradevole: rimane meno dolciastro della classica di mais e dalla cottura iperveloce, buono anche tiepido e freddo, considerando le temperature poco adatte a questo tipo di piatto.

(ogi alle zucchine)
Nel primo esperimento ho fatto rosolare in pochissimo olio e un fondo d’acqua uno spicchio d’aglio e un cucchiaino scarso di paprika affumicata. Intanto ho tagliato a cubetti grossolani due zucchine, ho pelato e tagliato a cubetti un pomodoro grande. Ho aggiunto al soffritto le zucchine e dopo circa 5 minuti i pomodori, che si sono disfatti in un sughino. Ho cotto le zucchine per bene, le volevo cotte ma croccanti, ho aggiunto una tazza (la classica cup delle misure americane) di pastella di miglio e due tazze d’acqua [con queste quantità si mangia 3 o 4 a seconda della fame]. Ho girato molto bene per circa 5 minuti finché non si è addensato il tutto; potrebbe sembrare che si stia attaccando al fondo della pentola o al cucchiaio, ma basta continuare a mescolare vigorosamente per amalgamare il tutto. Io ho preferito una consistenza intermedia, né troppo dura né troppo morbida, come quella di una classica polenta. Ho poi aggiunto un po’ sriracha (in effetti la nota piccante insaporisce parecchio) e origano. Non ho aggiunto sale perché il miglio era già salato in partenza.

(ogi con lenticchie)
Ho voluto anche provare una versione più proteica e più pappone, leggerissimo e perfetto per le giornate di agosto (ironia), sostituendo delle lenticchie cotte alle zucchine, lasciando invariato il resto.
Non male in entrambi i casi, lo devo ammettere; mi aspettavo un piatto molto più pesante da digerire (merito del lavoro parzialmente svolto dai batteri) e meno saporito, anche se alla vista risulta un pappone informe (che poi è quello che è).
Insomma, non tutte le ciambelle riescono col buco ma non tutto è perduto; non ho portato a termine il progetto iniziale ma è uscito fuori comunque un piatto commestibile.
Dott.sa Cristina Mondello - Biologa Nutrizionista