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Riflessioni che ti portano a mangiar finocchi

Riflessioni che ti portano a mangiar finocchi

Riflessioni che ti portano a mangiar finocchi

Il bello della mia famiglia è che riesce sempre a fare comunella. Ovviamente con altri corregionali.
Spesso però i corregionali sono pure parenti. Siamo tutti una grande famiglia.

Tutto ciò sarebbe fantastico se non mi provocasse problemi di relazione, dato che le loro idee ben si scontrano con le mie, in particolare per quanto riguarda “il bestiame” che io chiamo “vite” ma ognuno ha la propria idea.

Siamo andati perciò in un miniallevamento (ovviamente di persone che conosciamo e ovviamente io non ne ero stata informata prima) che conta 10 bovini in tutto (mucche+vitelli+toro), una pecora, polli (galli), galline e un’anatra.
Appena scesi dalla macchina veniamo informati che possiamo andare a vedere la vitellina nata tre giorni prima.
A me, come ho già scritto, piacciono i cuccioli. E poi non avevo mai visto una mucchina. Così sono andata a vederla seppur con un macigno nello stomaco.

Ho incrociato subito un vitello di un paio di mesi che sta in un box di 4 mq arrotondati per eccesso. Ho provato ad avvicinarmi con le buone (movimenti quasi impercettibili che nemmeno un bradipo saprebbe compiere) ma niente, il vitello urla, strilla, ha fame e vuole sua mamma. Sua mamma non c’è. Sta al “pascolo”.

Mi sposto di box (questo di 2 mq) e trovo la vitellina. Una tenerezza infinita.
Chiedo alla proprietaria (che brutta parola) cosa vuole fare con quel secchio di latte e mi dice che ha appena munto mamma mucca e che ora deve allattare la piccola prima che il latte si raffreddi. Le chiedo se darà alla piccola tutto quel latte e lei mi risponde che sì ma che man mano che la vitellina crescerà dovrà bere sempre più latte, perché bisogna darle tutto il latte che vuole.

Durante il pasto mi rendo conto che sul muretto dietro il box ci sono due polletti isolati che non si reggono sulle zampe. Uno sta veramente messo male male male. Ma nessuno sembra preoccuparsene. Lo sappiamo tutti che fine farà, ma nessuno vuole porre fine alla sua vita, perché ammazzare per cibarsi è lecito, ammazzare per porre fine alle sofferenze no, allevare delle vite (per cibarsene) che sempre di più manifestano problemi genetici nemmeno.

Intanto il latte viene scolato ma la vitellina ne vuole ancora. La proprietaria se ne va (e non riporta altro latte) e io rimango con questa poverina visibilmente agitata e affamata (ma come, non bisogna darle tutto il latte che vuole?).
In tempo zero mi ritrovo entrambe le braccia colme fino al gomito di saliva mista a latte. La vitellina continua a leccare me e la mia giacca.

In tutto questo rifletto sulla maternità (che non voglio, non cerco, non vorrò e non cercherò): penso al senso di vuoto che deve avere quella povera madre e al senso di abbandono che deve provare quella povera figlia. E’ veramente un dolore che mai e poi mai potrò sorvolare o mettere da parte.
Me ne sono andata con rabbia e dolore nel cuore.

La mia famiglia (quella più ristretta) sicuramente non è meglio.
Mi sento sempre fuori luogo. A volte non so veramente come reagire.
Hanno ucciso due polli davanti ai miei occhi nonostante li avessi implorati di aspettare che me ne andassi.

Mentre succedeva questo cercavo
a) di non vomitare
b) di non scappare per non tornare mai più
c) di non odiarli
d) di non farmi venire una crisi isterica

Mi sono messa a raccogliere e pulire finocchi, con una precisione maniacale.
E così ho pensato a come riutilizzare le foglie del finocchio. Oltretutto a me il finocchio nemmeno piace.

Ho scartato le foglie più esterne perché più fibrose. Le ho sciacquate e le ho messe a scolare.
Intanto ho appena tostato 4C di semi di sesamo e li ho frullati per bene fino ad ottenere una crema. Ho unito 3-4C di olio d’oliva e ho frullato nuovamente per ammorbidire la crema. Ho aggiunto l’aglio e frullato ancora per avere un composto omogeneo. Ho spezzettato le foglie di due finocchi (ho omesso i gambi e i gambetti) e ho frullato tutto insieme aiutandomi con del succo di limone e del lievito alimentare.
Io volevo una crema decisamente consistente. Come sapori io sono andata su quelli a me familiari e preferiti: tanto succo di limone, un po’ di senape in polvere e poco sale. Ma si può unire quello che si vuole, considerando che il finocchio è ben aromatico.

Ho voluto condirci una pasta, allungando la crema con un po’ di acqua di cottura e facendoci saltare la pasta scolata ancora al dente. Ho aggiunto poi alla fine ancora un filo d’olio. Il resto della crema l’ho mangiata spalmata sul pane e con del riso integrale cotto ad assorbimento.

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